Annuario di Attualità Archivio
COME INFRANGERE I SOGNI DI UN ADOLESCENTE di Shelly Bisirri. Anno 2014

Il cantautore Jacques Brel sosteneva che un uomo si completa attorno ai 16-17 anni, età in cui si sono fatti tutti i sogni. E continua: “... Egli sa se ha voglia di brillantezza, o di sicurezza, o di avventura. Lo sa, non lo sa bene, ma ha conosciuto il gusto delle cose... E passa la vita a voler realizzare questi sogni”. Il diciassettenne di Barletta, Daniele Doronzo, ha captato l’essenza di questa affermazione e ha le idee chiare sulla possibilità di realizzare i propri sogni; ciò spaventa e suscita rabbia in quegli adulti che non hanno avuto la stessa chiarezza e determinazione.
Il ragazzo ha due obiettivi: partecipare ad uno stage presso il CERN a Ginevra, il più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle dove un'esperienza di questo tipo è possibile soltanto con almeno tre anni di studi presso un dipartimento universitario di Fisica, e dopo iscriversi presso una università statunitense. Daniele invia i suoi studi e articoli sulla fisica al Centro di Ginevra; viene accettato a condizione che prima consegua il diploma di scuola media superiore. E così si attiva subito e avvisa la sua scuola, un liceo classico, che intende dare la maturità con un anno di anticipo come consentitogli dalla legge in quanto ha una media molto alta; quest’ultima cosa gli permette anche di iscriversi presso una università negli Stati Uniti. Il desiderio di frequentare un ateneo all’estero già ci indica quanto la nostra scuola gli stia stretta. A rinforzare questa idea intervengono i professori scegliendo di regalargli - si fa per dire! - un sette proprio in fisica e uno in condotta per un bagno al mare durante la gita scolastica! Si scatena così l’impossibilità burocratica di accedere agli esami di maturità in anticipo oltre alla impossibilità di iscriversi ad una università degli States. Due sette per infrangere due sogni! Infondo ne sarebbe bastato uno…
I professori giustificano questi voti affermando che il ragazzo si era lasciato andare. È profondamente triste leggere le dichiarazioni dei professori alla stampa: “Era troppo sicuro di sé” dopo aver preso la decisione di dare la maturità in anticipo. E ancora: “Il compito della scuola, in Italia, non è quello di promuovere i geni. Ma di educarli”. “Educare i geni”… o infrangere i sogni degli adolescenti?! Quanto il ruolo dei professori è determinante in tutto ciò? Ricordo film come “L’attimo fuggente” di Peter Weir o “Genio ribelle” di Gus Van Sant dove viene messo in evidenza l’adulto che si fa guida per i ragazzi nell’accogliere i propri sogni, le proprie potenzialità e imparare a fidarsi e a lasciarsi condurre da questi. Forse gli adulti dovrebbero andare a recuperare i loro sogni infranti per poi riconoscere e sostenere quelli di un adolescente.
Daniele a scuola non è stato sostenuto nel raggiungimento dei suoi due obiettivi, come d’altronde capita spesso a tanti altri ragazzi; ma lui ha avuto coraggio e determinazione lasciandosi rapire dalla passione: tempesta il CERN con mail di presentazione in diverse lingue inviate a tutti …e infatti tutti lo ricordano! Scrive anche alla dottoressa Fabiola Gianotti, prima donna a ricoprire l’incarico di direttore del Centro di Ginevra, e a David Barney responsabile degli stage. Ed entrambi gli rispondono! Gabriela Pugliese dell'Istituto nazionale di fisica nucleare di Bari che collabora con il laboratorio di Ginevra e alla quale è stato affidato il compito di seguire il ragazzo, sorride quando apprende che non è neanche diplomato ma ne riconosce la straordinaria motivazione: “Si vedeva che aveva una voglia matta di fare questa esperienza, che era tutto quello che voleva. E gliel'hanno fatta fare”. Tutti lo ricordano scorrazzare per i laboratori; racconta la dottoressa Pugliese: “Era ovunque. Chiedeva di leggere articoli in continuazione, chiedeva cose, era diventato un piccolo caso. Lo mandavi a seguire conferenze in francese chiedendogli sintesi e lui tornava. E non diceva cavolate. E ancora oggi Daniele ci scrive...”. Ora il diciassettenne è a San Francisco a studiare e a prepararsi per la maturità.
Daniele, dunque, alla fine ce l’ha fatta; ma mi chiedo quanti ragazzi si fermano davanti a difficoltà simili. Magari non hanno la stessa caparbietà ed energia e non sono sostenuti dalle famiglie, tantomeno dalla scuola. Ma ciò non significa che non abbiano sogni altrettanto belli e importanti. Il nostro Bel Paese favorisce di fatto la fuga dei cervelli e l’impossibilità della realizzazione dei sogni. Perché non siamo capaci di sostenere coloro che saranno il futuro di questo Paese?! Forse siamo ancora legati all’ideologia del ’68, cioè ad un padre invidioso della facilità di sognare del figlio, che si allea con l’idea ottocentesca di ‘educazione’ intesa come forgiare e non nel senso etimologico del temine latino ‘e-ducere’, ‘condurre fuori’; tutto questo dovrebbero invece accadere attraverso la conoscenza. Perché regaliamo bellezza ad altri paesi che sono sempre pronti a raccoglierla? Cosa accadrà all’Italia, già vecchia, se non apre le porte alle menti brillanti dei suoi figli? Forse il popolo italiano diverrà un museo archeologico stantio, capace sì di raccontare la storia, ma non più di scriverla.
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PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA. I CAPISALDI DELLA LEGGE 40 CROLLANO di Cinzia Sersante. Anno 2014
NOBEL... ALLA CICOGNA di Concetta Turchi. Anno 2010

Il 9 aprile 2014 la Corte Costituzionale dichiara illegittimo il divieto di fecondazione eterologa. Cade così un altro elemento fondante della Legge 40 del 2004 che regola la Procreazione Medicalmente Assistita(PMA). Dall’entrata in vigore di quella norma molte coppie si sono rivolte ai giudici ritenendo lesi i propri diritti; le sentenze, spesso a favore di tali coppie, hanno aperto la questione della illegittimità costituzionale e, dopo dieci anni la Corte Costituzionale si è finalmente espressa su questo punto.
Negli anni le vicissitudini umane collegate all’applicazione di questa legge hanno evidenziato l’aspetto disumano e insensato di alcuni divieti che rivelano i principi e le priorità cui il legislatore si è attenuto. D’altra parte la questione è sicuramente molto complessa poiché unisce aspetti scientifici e legali e filosofici, il tutto collegato con le scelte intime delle persone e della intera società.
La Procreazione Medicalmente Assistita è costituita da quegli atti medici che consentono a coppie sterili o infertili di avere la speranza di mettere al mondo un figlio. In base alla diagnosi del disturbo che porta all’infertilità, si possono utilizzare differenti tecniche: alcune di queste consentono che la fecondazione avvenga all’interno del corpo della donna (in vivo), altre si avvalgono della fecondazione in vitro in cui l’incontro tra i gameti avviene sotto vetro. In quest’ultimo caso viene introdotta nel corpo della donna la morula o la blastocisti a seconda se il trasferimento avviene dopo due o tre giorni dalla fecondazione, o al quinto-sesto giorno. In natura è la blastocisti che può cominciare il processo di annidamento nella parete uterina, processo che dura circa sette giorni e, se va tutto bene, solo allora avrà inizio la gestazione. È più frequente di quanto si pensi che anche in donne fertili questa fase non termini con una gravidanza, senza peraltro che ci sia consapevolezza di ciò. La fecondazione eterologa non è altro che una fecondazione in vitro, in cui si utilizzano gameti provenienti da donatori esterni alla coppia, che si rende necessaria quando i gameti dell’uomo o della donna non sono atti alla fecondazione.
Alla Procreazione Medicalmente Assistita originariamente potevano accedere solo coppie infertili o sterili ma, dal 2008, possono farvi ricorso anche quelle coppie in cui l’uomo è affetto da malattie virali sessualmente trasmissibili come l’HIV, l’epatite B e C. Le Linee Guida del Ministero della Salute del 2004 stabilivano un’altra limitazione non inclusa esplicitamente nella legge approvata dal Parlamento: non poteva essere effettuata la diagnosi genetica di quello che il legislatore impropriamente chiama “embrione” prima di trasferirlo nel corpo della donna. Il TAR del Lazio nel 2008 ha eliminato questo divieto con la motivazione di “eccesso di potere” da parte del Ministero della Salute.
Entrando nel merito delle imposizioni previste dalla norma, un primo punto riguardava l’obbligo di produrre non più di tre “embrioni” e di impiantarli tutti al più presto. Questa pratica veniva rafforzata dal divieto di ricorrere alla crioconservazione. Il TAR del Lazio, ritenendo tale procedura lesiva per la salute della donna nel 2008 propose la questione dell’illegittimità alla Corte Costituzionale; la Consulta nel 2009 sentenziava che tutto deve avvenire “senza pregiudizio della salute della donna”. Da allora il numero di “embrioni” da produrre deve essere valutato dal medico in base alla prospettiva di maggior successo del trattamento e cercando di evitare gravidanze multiple. Potendo produrre più di tre “embrioni” in vitro e non essendo costretti a trasferirli tutti contemporaneamente, con la stessa sentenza è stata introdotta un’eccezione al divieto di crioconservazione. Ciò consente anche di fare più tentativi per dare origine a una gravidanza, o semplicemente per avere un altro figlio senza doversi sottoporre nuovamente alle procedure lunghe e dolorose per il prelevamento dei gameti.
Un altro aspetto cruciale della norma riguarda il divieto di ricorrere alla PMA da parte di quelle coppie che, pur essendo fertili, sono portatrici di gravi malattie genetiche. Diversi tribunali italiani hanno permesso la diagnosi preimpianto a coppie fertili fino a proporre la questione della illegittimità alla Corte Costituzionale. Nel 2012 la Corte Europea per la Difesa dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia: la sentenza ha evidenziato l’incoerenza del sistema legislativo italiano che da una parte impedisce il ricorso alla PMA per effettuare la diagnosi “embrionale” preimpianto, e dall’altra offre la possibilità di ricorrere all’aborto del feto. Inoltre, impedendo a queste coppie di avvalersi di tali procedure mediche viene effettuata una discriminazione arbitraria rispetto al tipo di patologia di cui si soffre (ad esempio sterilità e HIV, o atrofia muscolare). Il governo italiano ha giustificato il proprio operato specificando che il suo intento era quello di tutelare la salute della donna e del “bambino” (l’“embrione” della Legge 40 è diventato il “bambino”!), “nonché la dignità e la libertà di coscienza delle professioni mediche, e l’interesse ad evitare il rischio di derive eugeniche”. Ma la Corte di Strasburgo rileva come non siano equivalenti i concetti di bambino ed embrione, ed anche come non sia assolutamente chiaro in che modo il ricorso all’“interruzione medica di gravidanza” tuteli la dignità e libertà di coscienza delle professioni mediche, evitando al contempo il rischio di derive eugenetiche.
Riguardo al divieto di praticare la fecondazione eterologa in Italia, nel 2013 il tribunale di Milano aveva proposto alla Corte Costituzionale la questione della illegittimità perché condiziona la “possibilità delle coppie eterosessuali sterili o infertili (…) di poter concorrere liberamente alla realizzazione della propria vita familiare”. Il divieto è oggi decaduto perché lede i diritti costituzionali dei cittadini italiani.
Ora che diversi aspetti centrali della Legge 40 sono stati abrogati definitivamente dalla Corte Costituzionale, alcuni dei divieti che facevano da corollario a questi aspetti perdono di senso logico. Infatti, seppure oggi sia possibile il ricorso alla fecondazione eterologa, non si possono donare “embrioni” e nemmeno si possono utilizzare quelli non idonei alla procreazione, per la ricerca scientifica: quindi rimangono in qualche congelatore perché sussiste l’obbligo di non sopprimerli. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel mese di giugno sarà chiamata a pronunciarsi in merito al tema dell’utilizzo nella ricerca scientifica degli “embrioni” non idonei alla procreazione.
Inoltre, non sono mai stati messi in discussione da nessun tribunale tutti quei divieti, validi ancora oggi, che impediscono l’accesso alla PMA per motivi diversi da problematiche mediche e che tutelano ampiamente da qualsiasi deriva eugenetica. Il legislatore ha considerato anche i casi estremi proibendo esplicitamente perfino la clonazione e la fecondazione con gameti di animali. La norma tutela anche la libertà di scelta dei professionisti coinvolti prevedendo l’obiezione di coscienza.
Ripercorrendo i momenti salienti che negli anni hanno portato a modificare il testo originale della Legge 40, emerge chiaramente come tra le priorità del legislatore non vi sia stato in alcun modo la tutela della salute della donna; anzi le limitazioni imposte dalla norma hanno reso il percorso di attesa di una nuova vita un vero calvario. Il governo di allora, attraverso le linee guida stabilite dal Ministero della Salute, impediva anche la possibilità di ricorrere alla diagnosi genetica preimpianto. Tutto questo si traduceva nel costringere la donna, in caso di gravi patologie del feto, alla dolorosa scelta se proseguire la gestazione oppure no. Dopo aver già subito le dolorose procedure mediche per la ricerca diagnostica sulle cause della infertilità e quelle relative alla procreazione assistita, la donna era così costretta a subire anche quelle necessarie per l’interruzione di gravidanza. Inoltre l’obbligo di produrre tre embrioni ed impiantarli tutti simultaneamente senza poter fare diagnosi preimpianto poteva causare gravidanze multiple e rischiose; basti pensare che il trenta-cinquanta per cento degli ovociti fecondati in vitro non evolvono in modo tale da essere idonei per la fecondazione. Il principio ispiratore del legislatore, di chiara matrice cattolica, impone implicitamente di considerare l’“embrione” (che in realtà è una blastocisti) già “bambino”. Perfino la Corte di Strasburgo ha ribadito al governo italiano di non potere usare indistintamente i due termini. La scelta stessa di utilizzare impropriamente il termine “embrione” per definire ciò che ancora non lo è, rende chiaro l’intento manipolativo della ideologia.
In questi dieci anni dall’entrata in vigore della Legge 40, incutendo il terrore della deriva eugenetica (come fecero i nazisti) e della commercializzazione dei gameti, la politica ha deliberatamente calpestato alcuni diritti fondamentali stabiliti dalla nostra Costituzione. Così molti italiani sono stati costretti, spendendo tanto tempo e tanto denaro, a rivolgersi in centri specializzati all’estero sia per la fecondazione eterologa che per effettuare la diagnosi preimpianto.
I sostenitori della versione originaria della norma criticano le posizioni più liberali affermando che il desiderio di avere un figlio non equivale al diritto di averlo, visto che non si tratta di una proprietà; ma questo dovrebbe essere vero sempre, anche quando un bambino viene concepito senza l’aiuto della scienza medica. Trattare un bambino come una proprietà non dipende da come ‘materialmente’ viene concepito, ma da come i genitori lo vivono e lo aspettano, in poche parole dalla loro realtà psichica. Inoltre non è valore assoluto che la realizzazione di una persona debba coincidere con il divenire genitore, ma non si può precludere aprioristicamente una strada che invece la scienza offre a chi ne vuole far ricorso.
Si rimane ancora in attesa di una pronuncia della Corte Costituzionale rispetto all’accesso alla Procreazione Medicalmente Assistita per le coppie fertili che rischiano di trasmettere gravi malattie genetiche. E nell’attesa molte donne e coppie continuano a vivere sulla propria pelle il dolore di un percorso spesso segnato dalla sofferenza per i figli (e degli stessi figli) gravemente malati, e da ripetute interruzioni di gravidanza.
Ricordo che la fecondazione in vitro sin dal 1978 ha permesso la nascita di milioni di bambini e, mentre nel resto del mondo viene accolta come una qualsiasi nuova terapia per un problema medico, la presenza ingombrante dello stato Pontificio nel nostro Bel Paese fa spesso dimenticare che lo Stato italiano è prima di tutto laico; pertanto nel regolamentare la vita dei suoi cittadini l’Italia non può prescindere da questo principio in nome della tutela della libertà individuale e della democrazia. La libertà di scelta personale in questo caso non si scontra neanche con i diritti del nascituro, al contrario fa dono della vita ad un essere umano.
"Non sotto il cavolo" è il titolo di un libro illustrato per bambini che si propone di rispondere alla domanda che puntualmente la curiosità dei bambini propone in ogni tempo: “Come nascono i bambini?”.
Comunque si voglia raccontare il dono della vita ad un bambino nato grazie alla procreazione assistita, sicuramente non si può raccontare attraverso le aberrazioni imposte per anni da questa legge i cui autori sembrano proprio essere nati sotto il segno… del cavolo.
Il Vaticano questa volta si deve proprio mettere l'anima in pace. Il Premio Nobel 2010 per la Medicina è stato assegnato al Dott. Robert G. Edwards, padre della fecondazione in vitro. Dopo la prima bambina (la piccola Louise Brown) nata con questa tecnica nel 1978, altri 4 milioni di bambini sono venuti al mondo nello stesso modo. Ci piace segnalare che le prime ricerche, fortemente criticate dal mondo cattolico, risalgono al 1960 e furono fatte da Edwards insieme con il ginecologo Dott. Patrick Stepto e che avrebbe vinto anche lui il Nobel oggi, se non fosse morto nel 1988 (come si sa, il Nobel non viene assegnato postumo). Edwars ha ricevuto il premio per una attività che l'Istituto ha definito "una pietra miliare nello sviluppo della medicina moderna... Le sue scoperte hanno reso possibile il trattamento della sterilità che colpisce un'ampia porzione dell'umanità e più del 10% delle coppie del mondo". Edwards è stato premiato non solo per avere aperto una nuova strada nella medicina, ma per avere intrapreso anche una battaglia che ha avuto fortissime ricadute nella società, sollevando questioni anche di carattere etico. In ogni caso i 4 milioni di bambini ringraziano. Chissà se sono cattolici?!
Da La Bottega dell'ArcoAcrobata, Annata 2010.
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CARTELLO… IN VISTAAA! TRUFFA SULLA VISTA NEBULOSA DA FALCO di Shelly Bisirri. Anno 2014


Bene farsi curare, male farsi fregare. L’agire delle case farmaceutiche è fondamentalmente basato su “Quanto posso guadagnare con la produzione di un farmaco?” più che “Quanti pazienti posso curare?”, o meglio “Se riesco a curare tanti pazienti ad un alto costo, ho fatto tombola, ma se con un farmaco poco costoso ne posso curare molti, a me non conviene”. Il recente esempio di questo scempio è lo scandalo della Novartis-Roche.
L’uomo invecchia e la medicina tradizionale combatte imperterrita questo fenomeno naturale. L’invecchiamento è caratterizzato da una più o meno lenta involuzione dei tessuti, compresi quelli del sistema oculo-visivo che in medicina viene definita degenerazione maculare visiva o maculopatia senile. L’occhio che invecchia può andare incontro ad una ridotta capacità di mettere a fuoco pur non perdendo l’acuità periferica: quindi una riga diritta può apparire un po’ distorta, i colori possono risultare sbiaditi pur mantenendo una visione ampia, esattamente come la visione nebulosa del neonato nei primi mesi di vita. Vediamola da un altro punto di vista: è come se invecchiare rappresentasse l’opportunità di recuperare una visione del mondo non più concentrata su una visione nitida.
La medicina ha tentato di controllare il logorio oculare con la terapia fotodinamica a base di verteporfina, ma con scarso successo. Alla fine del ventesimo secolo, grazie all’introduzione di nuovi farmaci antiangiogenici e alla loro somministrazione intravitreale, il controllo dell’invecchiamento dell’occhio è stato più facile. La funzione di questi farmaci è quella di ridurre la crescita dei vasi sanguigni situati sotto la macula. La scoperta è stata fatta dallo scienziato italiano Napoleone Ferrara nei laboratori californiani della Genentech (rilevata solo in un secondo tempo dalla Roche).
Il principio attivo utilizzato in questa procedura intravitreale è il bevacizumab (Avastin della Roche) o il rinabizumab (Lucentis della Novartis). Il primo ha la caratteristica di essere off label, quindi viene utilizzato al di fuori delle indicazioni riportate nella scheda tecnica, come quando si usa un collirio per curare un orecchio (questa è una pratica molto diffusa soprattutto in pediatria, oncologia e oftalmologia). L’Avastin infatti è un farmaco utilizzato con scarso successo nel trattamento dei tumori, mentre in oftalmologia ha la caratteristica di avere effetti collaterali irrilevanti. Il secondo, Lucentis, è on label quindi lo si usa secondo le indicazioni della scheda tecnica seppure risulti essere causa di effetti collaterali più importanti rispetto all’Avastin. Tra i due è notevole la differenza di prezzo: l’Avastin ha un costo moderato tra i 15 e gli 80 Euro a dose, mentre il Lucentis costa più di 900 Euro a dose e fino a qualche tempo fa era rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale.
Qui sorge l’arcano: la Roche, come un azzeccagarbugli, decide di non registrare l’Avastin come farmaco per il trattamento della degenerazione maculare visiva facendo sì che il prodotto rimanga off label; poi si accorda con la Novartis per incassare le royalties della messa in commercio del Lucentis. Perché alla Novartis il giochetto conviene? Perché controllando oltre il 33 per cento del capitale di Roche, incassa i proventi della vendita del farmaco in questione, più la quota di utili provenienti dall’accordo-magheggio con la stessa Roche.
Nonostante l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) abbia autorizzato l’uso dell’Avastin per il trattamento delle maculopatie degenerative, le due case farmaceutiche in combutta hanno creato allarme verso l’utilizzo dell’Avastin come farmaco oftalmico. Lo scopo è stato quello di sabotare le ricerche indipendenti che continuavano a dimostrare l’equivalenza terapeutica dei due farmaci. Chissà le due case farmaceutiche cosa hanno fatto sottobanco in ambito medico, politico, scientifico e ministeriale per mantenere vivi i loro giochi economici, tanto da arrivare ad ottenere l’esclusione del Avastin dalla lista dei farmaci rimborsabili dal Sistema Sanitario Nazionale!
Il danno sociale ed economico di questa sporca manovra è stato davvero ingente; solo in Emila Romagna nel 2012 la spesa per l’utilizzo del farmaco imputato ha creato uno spreco di 45 milioni di Euro per la sanità pubblica già gravemente in deficit. Tutto ha inizio nel 2012 grazie alla denuncia della SOI (Società Oftalmologica Italiana) che ipotizza tra l’altro anche la corruzione dell’AIFA e della EMA (European Medicinal Agency). Purtroppo, per il momento, la vicenda si conclude con una multa di solo 180 milioni di Euro emessa dall’Antitrust al cartello Roche-Novartis, multa che non metterà certo in ginocchio le due case farmaceutiche.
In ultima analisi possiamo fare una considerazione: se ci troviamo di fronte sempre più spesso ad una Medicina schiava delle case farmaceutiche, quale medicina ci potrà curare?
SITI CONSULTATI
www.informarexresistere.fr
http://espresso.repubblica.it
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COME INFRANGERE I SOGNI DI UN ADOLESCENTE
Shelly Bisirri
Shelly Bisirri






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PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA. I CAPISALDI DELLA LEGGE 40 CROLLANO di Cinzia Sersante. Anno 2014
NOBEL... ALLA CICOGNA di Concetta Turchi. Anno 2010
PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA
I CAPISALDI DELLA LEGGE 40 CROLLANO
Cinzia Sersante
I CAPISALDI DELLA LEGGE 40 CROLLANO
Cinzia Sersante

















SITI CONSULTATI
www.parlamento.it; www.corriere.it; www.espresso.repubblica.it; www.ginecolink.net;
www.quotidianosanita.it; www.romagnosi.it; www.giustizia.it
www.parlamento.it; www.corriere.it; www.espresso.repubblica.it; www.ginecolink.net;
www.quotidianosanita.it; www.romagnosi.it; www.giustizia.it
NOBEL... ALLA CICOGNA
Concetta Turchi
Concetta Turchi

Ansa, 9 settembre 2010
Da La Bottega dell'ArcoAcrobata, Annata 2010.
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CARTELLO… IN VISTAAA! TRUFFA SULLA VISTA NEBULOSA DA FALCO di Shelly Bisirri. Anno 2014

CARTELLO… IN VISTAAA!
TRUFFA SULLA VISTA NEBULOSA DA FALCO
TRUFFA SULLA VISTA NEBULOSA DA FALCO
Shelly Bisirri







Il danno sociale ed economico di questa sporca manovra è stato davvero ingente; solo in Emila Romagna nel 2012 la spesa per l’utilizzo del farmaco imputato ha creato uno spreco di 45 milioni di Euro per la sanità pubblica già gravemente in deficit. Tutto ha inizio nel 2012 grazie alla denuncia della SOI (Società Oftalmologica Italiana) che ipotizza tra l’altro anche la corruzione dell’AIFA e della EMA (European Medicinal Agency). Purtroppo, per il momento, la vicenda si conclude con una multa di solo 180 milioni di Euro emessa dall’Antitrust al cartello Roche-Novartis, multa che non metterà certo in ginocchio le due case farmaceutiche.

SITI CONSULTATI
www.informarexresistere.fr
http://espresso.repubblica.it
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